...giusto per sentirsi un po' più vecchio.
Perchè alla fine, tra tutte le cose, il bilancio è quello: mi sto avviando alla pensione (che difficilmente vedrò).
Ma andiamo con ordine.
Vi
ricordate della conversazione di italiano a cui ero presdestinato (ok, potete pure non ricordarvi visto che è una eternità che non scrivo sul blog...)?
Bene...qualche giorno fa c'è stata...
E il fatto di esser capitati lì nel bel mezzo della
festa dei Kanelbulle (sic) , mi ha impedito di tener fede ai miei (pseudo) giuramenti ipocalorici, ingerendo kanelbulle a qualsiasi gusto...finanche al pistacchio.
Dopo questa
fika di benvenuto, ci siamo fiondati nello strano mondo dei liceali : un liceo dove ognuno ha il suo bell'armadietto e dove la frequenza (nel doposcuola) ai corsi di lingua è a percentuali impressionanti.
Schivato un gruppo di svedesi parlanti giapponese (studiano anche quello, oltre a italiano, russo e alle lingue tradizionalmente studiate come il tedesco e il francese) arriviamo nell'aula degli aspiranti italianofoni.
7-8 ragazze (ma mi dicono che in realtà erano almeno una ventina gli studenti effettivi) , tutte svedesi di passaporto, ma provenienti da i posti più disparati del mondo, ci spiegano in un italiano semplice ma ben parlato, come sia bella la nostra lingua!
Tutte sono state in Italia (e quelle che non ci sono state lo imparano appositamente) e tessono le lodi di Roma, Napoli, Venezia e di Firenze...
Scopro (il tutto aiutandosi soltanto occasionalmente con l'inglese o lo svedese) che a scarsi 17 anni hanno già girato l'Europa e parlicchiano pure altre lingue.
La conversazione, come temevo, si è ben presto tramutata in un fuoco di fila di domande sull'Italia, di lodi sperticate del caffè di Napoli, del carattere dei napoletani, della gentilezza dei sardi e della spensieratezza dei romani.
Il tutto chiesto con una naturalezza (e un più che decente italiano) che fa escludere che fosse frutto di luoghi comuni e sterotipi.
Poi il tutto vira verso il versante culinario e tutto si trasforma in una simil-trasmissione di ricette: sciorinano quasi tutto lo scibile alimentare italico con occhi sognanti e acquolina in bocca (che hanno trasmesso pure a me...) facendomi promettere, infine, che saremmo ritornati per un secondo incontro in cui avremmo portato (udite udite) la moka, oggetto che attira la loro curiosità in maniera quasi morbosa, e che le avremmo insegnato a fare il caffè.
Dulcis in fundo, gonfio dall'invidia e al limite della frustrazione per le scuole-lager in cui un po' tutti siamo cresciuti, scopro che i pischelletti svedesi cominciano la scuola a 7 anni.
E quando chiedo all'insegnante il motivo (vero o no) , mi disarma: "preferiamo far giocare i bambini un anno in più"
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